Celebrandone i 100 anni sul “manifesto” trotzkista
Landini assume come suo maestro Ingrao, servo delle istituzioni borghesi

I 100 anni di Pietro Ingrao sono stati l'occasione per ripercorrere la vita di questo politicamente dipinto impropriamente come un “comunista duro e puro”. A smentire questa definizione basterebbe la celebrazione istituzionale svoltasi nella nuovissima (e costosissima) sala dei gruppi parlamentari di Montecitorio, alla presenza dell'attuale Presidente della Repubblica, il democristiano Mattarella e di quello uscente e corresponsabile delle controriforme neofasciste e piduiste, Giorgio Napolitano, con il discorso introduttivo del presidente della Camera Laura Boldrini.
Ad incensare le gesta d'Ingrao un vasto assortimento di revisionisti, riformisti, trotzkisti. Occhetto, Luciana Castellina, Massimo D'Alema, Violante, Bassolino, Bertinotti, Asor Rosa, Nicki Vendola, Valentino Parlato, Luca Casarini, Fassina, Cuperlo, Civati, Macaluso, Tortorella, Corradino Mineo, Mussi, Anna Finocchiaro, presenti il sindaco di Roma Marino e il segretario della Fiom Landini, c'erano anche democristiani come Nicola Mancino e Gerardo Bianco. Uomo di “pace”, “di grande impegno morale”, alcune delle affermazioni più gettonate risuonate nella sala.
Ma anche “uomo delle istituzioni”. Questo è senz'altro vero. Uomo delle istituzioni borghesi, deputato dal 1950 al 1992, per 42 anni ( lo avrebbe mandato in pensione anche la Fornero!), presidente della Camera dal '76 al '79, primo esponente del PCI a diventarlo. Carriera davvero strana per un “comunista duro e puro” che in teoria doveva spazzare via il capitalismo e le sue istituzioni, o quantomeno combatterle. Il suo vecchio compagno di partito Reichlin quando ricorda i suoi colloqui con Ingrao afferma : “rivoluzione? Non usavamo mai quella parola”.
Piuttosto Ingrao è sempre stato un trotzkista. Ma non di quelli dichiarati che nel PCI di quel tempo non avrebbero incontrato molta fortuna, piuttosto di quelli, e per questo forse ancor peggiori, mascherati, che dietro il suo strizzare l'occhio ai movimenti giovanili e rivoluzionari del '68 faceva da copertura a sinistra del PCI revisionista. Quando i suoi stessi seguaci fondarono “il manifesto” lui votò per la loro espulsione dal PCI preferendo continuare a svolgere il suo ruolo antirivoluzionario dentro quel partito.
Non ci meravigliamo se Maurizio Landini lo annovera tra i suoi maestri e ispiratori: “un punto di riferimento politico, etico e morale” come ha scritto nel suo intervento sulle colonne del “manifesto” trotzkista nelle pagine dedicate alla celebrazione d'Ingrao. Landini ricorda con enfasi quando nel '78 Ingrao, in quel momento presidente della Camera, si recò alle acciaierie di Terni e definì i lavoratori “costituenti”, ovvero tra coloro che hanno scritto la Carta del 1948. In quel modo intendeva spacciare la Costituzione come “popolare” e addirittura “socialista” invece che borghese, capitalista e anticomunista.
E' un po' la stessa tesi che ripropone Landini. La storiella che attuare la Costituzione sia la più grande “rivoluzione” da fare la quale permetterebbe di cancellare tutti i mali del capitalismo, mentre la pratica dimostra che pur non essendo stata ancora cambiata formalmente (ma fatta a brandelli nella pratica), è stato possibile l'avvento del presidenzialismo, del federalismo, dell'interventismo militare. Inoltre non ha minimamente impedito l'attacco ai diritti e alle condizioni economiche e sociali dei lavoratori e delle masse popolari che si è registrato in questi anni.
Questa è una delle tesi di fondo, un po' la bussola che dovrebbe guidare la Coalizione sociale riformista promossa da Landini. Un soggetto politico-sociale che considera invalicabili i confini della Costituzione, senza mettere in discussione il capitalismo e il potere della borghesia e delle sue istituzioni. E' anche uno dei principali motivi per cui il PMLI considera la sua proposta come un inganno riformista che mira a impantanare i lavoratori nel capitalismo, e quindi da rigettare in toto.
Landini nel suo intervento sul “manifesto” ricorda e ammira Ingrao perché ha sempre assunto “il dubbio come metodo”. Una sottolineatura che fanno tutti i suoi ammiratori,e i borghesi anticomunisti ricordandolo come “eretico”, cultore del “diritto al dissenso” nel partito e via discorrendo. E qui sta la sua vera essenza di trotzkista. Uno che ha rinnegato, prima in maniera sotterranea, poi apertamente, a conferma del suo opportunismo, le esperienze storiche del socialismo e le figure di Stalin e Mao. Uno che “voleva la luna” (come il titolo di una sua autobiografia) cioè cambiare tutto, ma nei fatti ha sempre lavorato per non cambiare niente. Anzi voleva cambiare anche lui da destra la Costituzione attraverso una fondazione da lui creata ad hoc.
Il suo “spirito critico” lo ha sempre indirizzato contro il socialismo mentre è stato un servo delle istituzioni borghesi e del capitalismo e perfino terza carica dello Stato borghese. I giovani rivoluzionari non hanno niente da imparare da questo imbroglione trotzkista, lo lasciamo volentieri come maestro a Landini. Noi ci teniamo stretti i nostri maestri Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao.

9 aprile 2015